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Visualizzazione dei post da febbraio, 2023

41° - 18.02.2023

Balabà a volte ascolta con stupore il battito del suo cuore, che ha lasciato in mille luoghi. Lo ha lasciato nel tramonto davanti a Uluru, il cielo sembrava specchiarsi rosso nel rosso del deserto, nella dolcezza della roccia imponente su cui fissava lo sguardo per osservarne anche il più tenue mutare dei colori, vivi come la pietra maestosa che lo portava indietro nel tempo, a quando il mondo era come un bambino. Lo ha lasciato ai piedi del Catinaccio, tra gli alberi accanto ai quali camminava lento, seguendo il suo maestro nella ricerca dei porcini, scostando col bastone le foglie di mirtillo e le piantine di fragola, ansioso di vedere la luce del giorno risplendere sulla testa di un fungo coperta di rugiada, pronto a sorridere felice potendo coglierne uno. Lo ha lasciato camminando accanto a una marea di paglia nel farsi della sera, nell’aria piena di polvere lasciata dietro di sé dalla trebbia nella quale immaginava deporsi i chicchi di grano separati uno dopo l’altro dalle spighe,

40° - 14.02.2023

Balabà vorrebbe vedere la neve un’ultima volta. L’ha vista guidando nel cuore di una tormenta, su un’autostrada canadese, nel buio della sera guardava attento le altre macchine, le loro luci sfavillanti tra i fiocchi fitti a tratti lo abbagliavano così come i riflessi sull’asfalto. E si chiedeva se davvero voleva vivere lì, se avrebbe amato quegli inverni. L’ha vista nello svanire di una notte di marzo, nella casa di campagna fredda e buia per mancanza di corrente. Vestito in fretta, usciva ad accendere il generatore e sorrideva nel guardare il fumo nero mescolarsi ai fiocchi nella luce dell’alba. Rientrato, accarezzava Doc e sorseggiava un caffè caldo fissando la bianca distesa dei campi. L’ha vista cadere così densa da impedire allo sguardo di andare oltre qualche metro, di scoprire i panorami allora sconosciuti di un luogo destinato a diventare familiare: le vette del Brenta, i boschi folti sulle ripide montagne che serravano la valle stretta, il vecchio campanile aguzzo, il grande

39° - 14.12.2022

Balabà solleva un po’ il piede destro per far scivolare più lente davanti a lui le strisce bianche sull’asfalto. Le ha guardate lasciandosi alle spalle un bivio, ormai prossimo alla meta, spostando lo sguardo per osservare la spiaggia e il mare a sinistra, illuminati dal sole nel tardo mattino di giugno. Un invito, il ricordo della serenità provata camminando sulla sabbia rossa là dove le onde appena arrivavano a bagnargli i piedi. Le ha guardate premendo l’acceleratore concentrato nella guida, percorrendo i tornanti veloce, indifferente agli alberi fitti ai lati della strada, al profumo del bosco che entrava dal finestrino, deciso a raggiungere Campiglio, per la prima volta lui al volante, nel tempo più breve, un’altra tappa in quell’estate in cui finiva la sua vita di ragazzo. Le ha guardate fissando l’asfalto nero illuminato dai fari che attraversava diritto la sabbia del deserto. Alle spalle Las Vegas, il clamore delle slot machine e delle voci nei casino, l’aria percorsa dal fumo

38° - 06.11.2022

Balabà sfiora una foglia di pioppo che si stacca dal ramo e cade ai suoi piedi in un volteggiare di riflessi argentati. Ricorda l’autunno a Campiglio, percorre lentamente un sentiero ancora presto al mattino, in mezzo al bosco più amato e noto, scoprendo ciò che è diverso dall’estate e dall’inverno e si sofferma a osservare la brina che piano inizia a gocciolare da un rosso ramoscello di larice. Ricorda l’autunno all’Antonianum, i rami quasi spogli, i colori delle poche foglie ancora aggrappate al ricordo dei mesi vissuti, nell’aria, come sempre, le tante voci, anche la sua, il suono dei palloni calciati sull’erba o fatti rimbalzare sull’asfalto. Si giocava, come sempre, incuranti dell’alito che condensava appena fuori dalle labbra. Ricorda l’autunno a Central Park, ancora festoso per Halloween, bambini stretti ai loro costumi e adulti con in bocca l’asprezza della sbronza. Anche nella sua il ricordo dei Manhattan bevuti allo Studio 54. Aggiunge malinconia al pensiero che sta per lasci

37° - 27.09.2022

Balabà pensa che Doc oggi compierebbe vent’anni. Ricorda il giorno in cui lo vide per la prima volta, cucciolo di nemmeno due settimane si lasciò prendere nella mano più grande di lui, sulla quale sparse una bella sensazione di umido calore dal pelo corto e morbido. Ricorda il giorno in cui lo accolse in casa, in coincidenza casuale con un pranzo insieme a pochi amici che come lui giocavano volentieri con quel cagnolino ancora incerto sulle zampe e intimidito, ma felice delle carezze cui rispondeva con brevi tocchi della lingua. Ricorda il giorno in cui fecero la prima passeggiata in montagna, nella neve fresca caduta nella notte e luccicante nella mattina di sole, lui correva sul sentiero e poi si tuffava nella candida coltre immacolata, immergendosi fin quasi a svanire mentre la leccava allegro. Ricorda i giorni vissuti insieme, camminando la campagna o i marciapiedi di città, seduto lui sulla poltrona e Doc accovacciato accanto, addormentato per un po’, poi pronto ad alzarsi alla ri

36° - 03.09.2022

Balabà vorrebbe dimenticare anche per pochi istanti la malattia e ciò che gli porta, vorrebbe svanissero in una distesa di colori. Rivede la piccola cappella di La Morra, i suoi riquadri rossi, gialli, verdi e blu che gli parevano adagiarsi sulle vigne intorno, dipinte in mille modi dall’autunno, altri riquadri, distesi sulle colline delle Langhe di cui sentiva il profumo passeggiando lentamente tra i filari. Rivede la campagna in piena primavera dall’argine su cui camminava insieme a Doc; il farsi del tramonto spargeva tenue rossore sulla gialla fioritura della colza, sul verde del grano prossimo a spigare e sulla terra bruna disegnata da file di germogli di mais e di bietole. Rivede le distese di ginestre che abbracciavano l’ampia valle dell’Isola del Sud e stendevano un succedersi di nubi gialle oltre i prati su cui brucavano pecore e mucche, sola placida vita accanto agli alberi e ai recinti che racchiudevano il verdeggiare caldo dei pascoli. Rivede l’alternarsi di prato e di rocce

35° - 12.08.2022

Balabà si chiede chi scriva i suoi racconti e le sue poesie, di chi siano le fantasie o i ricordi. Li scrive forse il bambino che alzava lo sguardo irrequieto dal quaderno e osservava malinconico lo scorcio del giardino oltre la finestra, lo spazio dei giochi con due amici, come lui allegri, liberi di gridare inseguendo il pallone. Li scrive forse il ragazzo che camminava le strade di Londra o di San Francisco scoprendo scorci tante volte sognati, persone sconosciute di ogni età, vestite in mille modi diversi, sorridenti o serie, frettolose o lente, parte della città o, come lui, solo illuse di esserlo. Li scrive forse il giovane che, alla scrivania in un ufficio all’ultimo piano di un grattacielo di Wall Street, un po’ a fatica continuava a leggere il fascicolo di un prestito obbligazionario o di un’emissione di azioni, impedendosi di guardare New York oltre la finestra. Li scrive forse l’uomo ormai grigio e calvo che volge le spalle alla terra che ama al di là delle grandi vetrate e

34° - 25.07.2022

Balabà si domanda se vedrà spargere le sue ceneri, se dopo c’è un dove potrà farlo. Vorrebbe ne spargessero un po’ da un cutter di legno che si avvicina prima del tramonto al porto vecchio di Pirano, spinto da una fresca bora estiva che gonfia le vele e fa gemere l’albero e le sartie e mormorare le onde attraversate con decisione dalla prua. Vorrebbe ne spargessero un po’ sul candore della neve caduta nella notte a Campiglio, camminando nella luce ancora fioca del mattino, che appena attraversa il bosco fitto e si riflette sulla bianca coltre che copre i rami e li piega dolcemente. Vorrebbe ne spargessero un po’ a Vescovana sul grano nel sole di Maggio che a mezzogiorno accarezza le spighe ormai formate, protese fiere verso il cielo al quale chiedono la pioggia e il calore, tutto ciò che le farà una promessa mantenuta, un raccolto generoso. Vorrebbe ne spargessero un po’ sulla riva del remoto lago di Te Anau, sui ciottoli grigi, sui quali piano va e viene l’acqua luccicante, mentre al

33° - 22..06.2022

Balabà guarda la scatola piena dei tubetti di colori, li smuove per scoprire quelli nascosti nel fondo. Ne prende qualcuno tra le dita e l’acrilico gli pare uscire e scorrere dentro di lui. Il rosso dei fanali delle auto si riflette sul nero dell’asfalto lucido della Settima Avenue sotto il diluvio. Il traffico è più che mai convulso nel venerdì sera. New York appare di nuovo pienamente viva come lui l’ama, con tutte le sue luci più sfavillanti che mai. Si scopre a sorridere grato all’uragano che la percorre nel settembre inoltrato. Il bianco della neve caduta nella notte diventa via via più accecante nella luce del sole che sale nel cielo limpido. Le ombre degli alberi si fanno più corte mentre s’inerpica a fatica nonostante le ciaspole. A ogni passo i piedi affondano nella coltre alta e soffice, candida distesa immacolata davanti ai suoi occhi. Il giallo degli ombrelloni lontani forma file regolari sull’ocra pallida della sabbia soffice su cui cammina lentamente, ripercorrendo i bran

32° - 12.06.2022

Balabà guarda il cielo, in attesa di quel raggio di sole. Vorrebbe essere trafitto camminando piano accanto alle spighe mature di frumento, accarezzandone qualcuna di tanto in tanto, lasciando che il profumo lo avvolga e che gli occhi siano quasi accecati dal loro bagliore dorato nell’avvicinarsi del tramonto. Vorrebbe essere trafitto sostando in una radura tra gli alberi, in un bosco percorso mille volte sempre scoprendo nuova bellezza, fermo osserverebbe il muschio, i cespugli di mirtillo e di rododendro, alzerebbe infine lo sguardo verso il cielo e tra i rami lo vedrebbe accingersi a farsi rosso. Vorrebbe essere trafitto percorrendo nel tardo pomeriggio, come non è mai accaduto, il sentiero alto sul mare, osservando com’è differente il panorama rispetto all’alba, come cambiano i colori, come la luce si dispone diversa sul rosmarino fitto e sugli alberi bassi e contorti e sulle onde ormai calme. Vorrebbe essere trafitto nel luogo più lontano da dove sono trascorsi quasi tutti i suoi

31° - 08.06.2022

Balabà, in una sera primaverile che opprime come fosse nel cuore dell’estate, vorrebbe guardare l’autunno. Lo ha scoperto in un mattino di novembre, bambino di sei anni, con suo padre, così restio a impugnare il fucile, e i suoi amici cacciatori. Accanto a loro una laguna e più in là l’Adriatico agitato nella Bora. Guardava le canne e l’erba ondeggiare nel vento e come i cani scrutava tra l’erba alta in cerca di una preda. Lo ha attraversato nelle nubi basse in un bosco di montagna, negli occhi il confondersi del rosso dei larici con il verde degli abeti, nelle orecchie i rari versi di un animale o di un uccello, nelle narici gli odori del muschio, del legno e della terra morbida su cui camminava. Lo ha annusato nel fumo che si alzava dai bidoni in cui cuocevano le caldarroste; attraversava le Piazze in un pomeriggio intristito dal gocciolare di una pioggia rada e lenta, posando senza fretta i propri passi sui lucidi cubetti di porfido che riflettevano a tratti le fiamme. Lo ha respira

30° - 27.05.2022

Balabà immagina di staccare dolcemente una spiga di grano in una mattina di maggio. Ha visto gemme farsi fiori sui rami di melograno, rossi risplendevano di rugiada nelle albe di primavera, sui rami irti di spine e tra le foglie folte, promesse di frutti che già vedeva gonfiarsi lentamente prima di spaccarsi, svelando i grani lucenti che li riempiono. Ha visto le punte degli asparagi apparire nella sabbia, piccole come dita di bambino, bianche nel grigiore, si offrivano poco alla volta al sole, tingendosi d’un verde pallido, e s’allungavano verso il cielo dritte e fiere, quasi attendessero ansiose di essere recise. Ha visto tra le grandi foglie rugose, spesso arrossate e anzitempo seccate, crescere numerosi i ricci di ippocastano, di un verde lucido presto spento in un giallo appena dorato, lusinga bugiarda, bellezza ingannevole che nessuna mano staccherebbe dal ramo. Ha visto le bietole ingrossare nella terra secca e compatta di luglio, spaccarla per fare più spazio alla propria vita,

29° - 15.03.2022

Balabà cerca rifugio nella fantasia alimentata dai ricordi. Vorrebbe vedere un mare anche piatto davanti alla prua e ascoltare lo sbattere delle vele, solo a tratti riempite da un vento fiacco, stringere appena le mani attorno al timone nel calore tenue del sole pallido nella foschia di primavera. Vorrebbe vedere la pista oltre il cadere lento dei fiocchi nelle nuvole basse, nel silenzio della montagna in una mattina di gennaio in cui solo lui e pochi altri hanno messo gli sci per correre sulle gobbe bianche e nei profondi avvallamenti. Vorrebbe vedere la terra rossa e lucida nel sole di dicembre, le lunghe fette adagiate dall’aratro una accanto all’altra, pronte a sciogliersi pian piano grazie al gelo e alle piogge e a sgranarsi sotto l’erpice per accogliere semi da nutrire. Vorrebbe vedere l’alba in giugno camminando un sentiero alto sul mare o in settembre in mezzo ai campi ormai sgombri dai raccolti o in marzo osservando le gemme lucenti di rugiada farsi un po’ rosse prima di torna

28° - 01.02.2022

Balabà vorrebbe un’isola dove tornare. La percorrerebbe in inverno, stupito dalla neve stesa sulle modeste alture, posata sui rami spogli di alcuni alberi e su quelli verdi di altri, accumulata nei fossi dal vento che gliela porta negli occhi e che lo acceca. La percorrerebbe in primavera, accarezzando con lo sguardo le gemme già sbocciate e i primi fiori che colorano la macchia, osservando rondini e passeri volare nel cielo limpido, qua e là chiazzato da timide nubi candide e trasparenti. La percorrerebbe in estate, annusando il profumo del rosmarino e degli oleandri bianchi e rossi, oltre i quali si stende il mare, il tenue candore della schiuma sulle piccole onde che pigre si distendono sulla spiaggia, scurendo appena la sabbia dorata. La percorrerebbe in autunno, senza provare tristezza per le foglie che cadono, guardandole disfarsi sulla terra umida di pioggia o correre nell’aria portate dal vento, ascoltando gli ultimi canti di uccelli, promesse di quello che tornerà. Balabà vorr

27° - 07.12.2021

Balabà ricorda i ponti che ha percorso. Il Brooklyn Bridge attraversato arrivando a New York la prima volta, in un caldo mattino di fine agosto, guardando la città che stava finalmente per camminare e per vivere. Gli occhi fissi sui grattacieli oltre il parabrezza del taxi, si immaginava nei luoghi di tanti film. Il ponte pedonale di Vescovana, modesto e malinconico, sul Santa Caterina quasi asciutto nella nebbia di novembre. Doc accanto a lui, il naso a cercare odori da coprire con il suo, il pelo bagnato dall’erba dell’argine sul quale avevano camminato senza fretta. Il Golden Gate in una luminosa mattina d’inverno, il rosso sgargiante della struttura contro il verde della riva opposta a San Francisco, la curva dei cavi d’acciaio che qua e là luccicavano nel sole ormai alto sulla baia, appena increspata da vento. Il Sydney Harbour Bridge visto oltre bassi edifici vecchi nel sud della città, non lontano dai grattacieli degli affari, prima di salire e camminare per un po’ verso l’altra

26° - 23.11.2021

Balabà non vorrebbe vedere il cielo farsi scuro. Ricorda il tramonto a Chia, lo sguardo che scorreva oltre gli oleandri in fiore, oltre la laguna punteggiata da fenicotteri rossi sull’acqua rossa, e che infine arrivava alle onde calme, lente, sulle quali il sole risplendeva diverso in ogni istante. Ricorda il tramonto di fronte a Uluru, con in mano un bicchiere di vino bianco, muto davanti alla roccia imponente, solitaria isola nel deserto fiammeggiante mentre i raggi mutavano pian piano la sua pietra, facendola vivere di colori sempre nuovi. Ricorda il tramonto a Hakone, il lago risplendere mutevole, nella cornice delle montagne, il verde di alberi così diversi farsi più intenso e caldo, i tetti curvi luccicare nella boscaglia, in un silenzio morbido. Ricorda il tramonto oltre la grande finestra affacciata sui suoi campi, nell’estate afosa della pianura, gli occhi che si posavano sulle promesse dei raccolti, sulle file di granturco e di soia luccicanti e sul grano ormai maturo, il cui

25° - 07.11.2021

Balabà, seduto sul divano, di sbieco oltre la finestra vede l’autunno nelle poche foglie rimaste nel giardino di fronte. Lo ha visto camminando ai primi di novembre nei boschi di Campiglio, nel rossore dei larici tra gli abeti, nelle foglie sparse sul muschio, sui cespugli di mirtillo e sui rododendri, lì dove, solo pochi mesi prima, scopriva felice le teste scure dei porcini. Lo ha visto sul finire di ottobre a Central Park, percorrendo un viale sotto una pioggia sottile, che faceva risplendere le foglie, quelle adagiate in terra, sull’asfalto e sull’erba del prato accanto a lui, e quelle che ancora resistevano, di innumerevoli colori, sui rami degli alberi. Lo ha visto tornando verso la pianura, seduto al volante, distogliendo gli occhi dalla strada per osservare i gialli, i rossi, gli arancioni, i verdi non ancora del tutto sbiaditi, le infinite tinte dei boschi che attraversava, ascoltando la tenera malinconia dentro di sé. Lo ha visto accompagnato da Doc in campagna, guardandolo a

24° - 22.10.2021

Balabà non ha visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. Non ha visto il tramonto farsi strada su un ghiacciaio, tingerlo poco per volta di rosa e poi di rosso, specchiarsi sul candore della superficie nel suo breve andare, accompagnandolo verso l’oscurità tenera della sera. Non ha visto un kiwi inoltrarsi tra le felci, nell’aria ancora umida in un tardo mattino di gennaio là dove è estate, camminare sul muschio luccicante e volgere lo sguardo attorno a sé, alla ricerca di una preda da catturare con il lungo becco. Non ha visto il sole salire lentamente sulle piramidi, sottrarle al buio della notte, spargersi sulle pietre per ridare loro colore, istante dopo istante, stendere le lunghe ombre triangolari sulla sabbia, via via più grandi. Non ha visto la prua di una barca a vela solcare l’acqua in cui oceani si fondono, davanti a Capo Agulhas, nel silenzio appena increspato dal vento che gonfia fiocco e randa, spingendo lo scafo sulle alte onde morbide. Balabà non ha visto cose c

23° - 10.10.2021

Balabà pensa all’amore e un po’ si smarrisce ponendosi domande. Corteggerebbe lei? La bellezza austera, forse anche fredda. I capelli in cui biondo e grigio ormai si mescolano, cornice al volto appena segnato dal tempo, ancora illuminato dagli occhi in cui brilla oro nell’azzurro e dal sorriso che, a tratti caldo, cancella la distanza nella quale vuole magari rifugiarsi. Corteggerebbe lei? Gli occhi che limpidi dicono serenità, profondi come mare blu. Il corpo alto e sinuoso, sul quale si disegnano le stoffe morbide, lasciando intuire elastico vigore, vitalità di muscoli esercitati dolcemente, guidati dalla mente libera, attenta all’andare della vita dentro il corpo. Corteggerebbe lei? Le onde della chioma appena ramata, quel po’ disordinata, vivace come lo sguardo chiaro in cui si fondono colori sempre diversi. Il corpo agile nei vestiti allegri come le labbra schiuse nell’avvicinarsi per salutare con un abbraccio. Energia, dolce esuberanza nelle morbide forme. Corteggerebbe lei? Un v

22° - 23.09.2021

Balabà non smette di sognare. Ha sognato un airone cinerino, fermo nella nebbia che piano si muta in foschia, sparsa dal vento sulla terra bianca di brina nel mattino di gennaio. Lente si distendono le ali e si muovono nell’aria, pare quasi che le zolle lo trattengano, ma poi si alza in volo, verso il cielo che vorrebbe farsi azzurro. Ha sognato un picchio aggrappato al tronco rugoso e chiaro di un pioppo bianco, una macchia gialla e verde sulla corteccia sbrecciata, tra le foglie che ondeggiano nel calore di un mezzogiorno estivo. Uno dopo l’altro, più frequenti, si susseguono i colpi del becco che si apre la strada verso la preda. Ha sognato una civetta posata nella sera sui fili elettrici, quasi racchiusa in sé stessa si concede di tanto in tanto di fischiare, muove piano la testa e gli occhi, alla ricerca di un movimento che la induca ad alzarsi in volo. Ha sognato un gheppio salire e scendere lentamente sopra il grano ormai dorato, disegnare cerchi nel blu battendo piano le ali, p

21° - 12.09.20219

Balabà guarda dalla finestra cercando di ignorare la sua immagine riflessa. Ha guardato dalla finestra della sua stanza di ragazzo, stanco dei libri, osservando l’ampio giardino oltre la stretta via, vedendo gemme spuntare e schiudersi, fiori sbocciare e appassire, foglie ingiallire e cadere, erba risplendere bagnata e rinsecchire. Ha guardato dalla finestra dell’ufficio di New York, più alta dei palazzi intorno, negli occhi giorno dopo giorno lo stesso stupore felice, nel corpo i fremiti delle vertigini, nella mente le domande sul suo domani, chiedendosi dove andare nel suo accingersi a essere uomo. Ha guardato dalla finestra di un albergo, lasciando gli occhi scivolare sulle dune e sui rovi, sulle lagune e sui fenicotteri, sentendo la calda luce del tramonto scorrere dentro di lui, spingendo infine lo sguardo fino al mare. Ha guardato dalla finestra di una casa di montagna, affacciata sul Catinaccio, ritrovando i ricordi di bambino e di ragazzo, quelle rocce tra le quali aveva cammin

20° - 06.08.2021

Balabà batte piano le ali e inizia il volo. Ha volato basso sul mare, sfiorando le onde, sentendo innumerevoli gocce colpirlo dolcemente, portare sulle labbra il sapore del sale, asciugarsi presto sulla pelle, che sentiva prudere piacevolmente mentre si alzava per vedere meglio la sua ombra correre sull’acqua, veloce. Ha volato alto sulla distesa rossa del deserto, osservando le Olgas avvicinarsi, mutare continuamente davanti ai suoi occhi, rilucendo sempre diverse nel sole che scendeva lento, rendendo ancora torrida l’aria che avvolgeva il suo corpo. Ha volato pigramente sopra il Prato della Valle nel tepore della primavera, accostandosi fino a sfiorare alcune delle statue che abbracciano l’Isola Memmia, perdendosi a osservarla, incantato come i tanti che, sotto di lui, percorrevano la bellezza nel cuore di Padova. Ha volato scendendo e salendo nel vento teso che s’insinuava tra le guglie frastagliate del Latemar, coperte di neve, disegnando cerchi sempre più stretti sopra le cime deg

19° - 17.07.2021

Balabà si smarrisce guardando i rami degli alberi. Il suo sguardo si è perduto salendo la corteccia rossa delle sequoie, incapace di trovare il cielo oltre le foglie fitte, in una tiepida fine di gennaio, accanto alla baia di San Francisco, vicino al Golden Gate appena percorso. Il suo sguardo si è perduto osservando la chioma fitta dei pioppi in mezzo alla campagna, nel rosso del tramonto che si spargeva sulla terra ormai sgombra dei raccolti, pronta per il vomere dell’aratro, quasi ansiosa di essere attraversata e rovesciata per prepararsi a una nuova primavera. Il suo sguardo si è perduto posandosi sulla forcella di un eucalipto, dove giaceva una femmina di koala, il piccolo stretto tra le tozze braccia corte, i denti che, una dopo l’altra, masticavano le lunghe foglie argentate. Il suo sguardo si è perduto tra i rami di rosmarini maestosi e folti, in cima a una scogliera, le narici colme del profumo che riempiva l’aria pallida dell’aurora, mentre i primi raggi di sole scivolavano d

18° - 27.06.2021

Balabà comprerebbe del tempo. Lo passerebbe camminando lento tra gli alberi, in cerca di funghi, lasciando lo sguardo vagare nel sottobosco, nel muschio e tra le foglie e gli aghi di pino e perdersi tra cespugli di mirtillo e piante di fragole, godendo ogni istante anche se il cestino restasse vuoto. Lo passerebbe guardando un’alba dalle finestre della casa di campagna, con la tazza di caffè tra le dita, riempiendosi le narici del profumo e gli occhi della vista della terra nuda nell’inverno, coperta di brina arrossata dalla luce del sole di un giorno senza nebbia. Lo passerebbe seduto sul bagnasciuga del Lido, davanti ai capanni dell’Excelsior, le gambe piegate strette tra le braccia, osservando le piccole onde avvicinarsi ai suoi piedi e ritrarsi, lasciando uno strato di schiuma torbida sulla sabbia. Lo passerebbe seduto a cena con amici, ascoltando le loro voci, seguendo i loro discorsi, riflettendo sulle loro considerazioni, come sempre incline al silenzio, timoroso di non seguire

17° - 01.06.2021

Balabà vorrebbe guardare un lago. Ha camminato lungo il lago Ontario, ancora presto una mattina d’agosto. Scrutava la foschia afosa che lo copriva, immaginando certo non vedendo, là dove s’addensava il velo bianco, l’arcobaleno delle cascate del Niagara. Ha camminato da bambino sulla sponda del lago di Carezza, guardando il Latemar che sovrastava la foresta, ancora qua e là spruzzato di neve. Avrebbe, forse, sorriso se non avesse temuto di vedere apparire tra gli abeti uno dei Norgg che aveva sentito dire vivessero nel bosco. Ha camminato accanto al palazzo dell’Onu mentre smetteva di piovere in un sabato di settembre. Davanti a lui, una dopo l’altra, innumerevoli vele si aprivano sul lago di Ginevra, correndo veloci sull’acqua percorsa ancora dalle onde alzate dal vento, il cui soffio portava lontano il temporale. Ha camminato lungo la riva del lago di Te Anau, il più amato, nella limpida mattina di un gennaio estivo, smarrendosi nel luccicare d’acqua azzurra come in un sogno e nella

16° - 26.05.2021

Balabà accende un sigaro. Ne ha acceso uno seduto sotto un porticato, davanti al mare di Chia, con già la luna che riportava un po’ di luce nel cielo buio. Sorrise ai suoi amici e si scusò per la nuvola di fumo soffiata verso di loro dal tiepido vento che percorreva la sera ormai fattasi notte e che rendeva più bello chiacchierare. Ne ha acceso uno davanti al camino che crepitava, osservando le fiamme muoversi ora con garbo ora con rabbia, irrequiete, portando via anche il fumo che scivolava piano tra le sue labbra, sulle quali il sapore del tabacco si mescolava a quello del whisky. Ne ha acceso uno prima di incamminarsi in campagna nel caldo lieve di un pomeriggio di primavera, ascoltando silenzioso il conversare delle persone che percorrevano con lui le terre verdi, distese di promesse sulle quali posava fiducioso il suo sguardo. Ne ha acceso uno nel salotto spoglio dell’appartamento di città in cui si consumano i suoi giorni. L’angusto spazio di letture sempre più faticose e brevi,

15° - 21.05.2021

Balabà si smarrisce nei ricordi. Ricorda il morire della notte su una strada di montagna quand’era ragazzino. Saliva con altri tre verso un prato accanto al passo per vedere il sorgere del sole dietro le rocce. Il fiato corto per timore di non arrivare in tempo. Il premio dell’alba, infine, la prima cui assisteva, con occhi assonnati e spalancati, scoprendo una felicità nuova e misteriosa. Ricorda i primi amori, le emozioni sconosciute che dilagavano in lui, l’ansia di ritrovare quello sguardo e quel sorriso, pieno di gioia nel pensarli solo suoi, sigillati nei timidi baci e nelle pudiche carezze. Ricorda il primo raccolto, nel caldo afoso di un giorno di settembre. Sente come allora l’avanzare rumoroso della trebbia nella polvere che si alzava dalle piante di mais tagliate dalla barra e il canto della granella scaricata nei rimorchi, quasi l’inno di un rito presto familiare. Ricorda le prime vele che ha mandato a riva e lo spegnersi del motore, l’avanzare silenzioso della barca sul ma

14° - 09.05.2021

Balabà porta i suoi giorni scritti nei suoi occhi. Ha guardato più volte il lago Ontario, quasi il più amato. Lo ha osservato nell’afa di agosto, velato da una foschia che lo rendeva grigio e quasi tetro, e nel gelo di febbraio, in parte ghiacciato e coperto di neve che scendeva fitta. Ha guardato più volte le vie e le piazze nel cuore di Padova. Ha percorso le une e le altre solo o in compagnia, nel sole e nel buio, sempre come fosse la prima volta, scoprendo nuove bellezze. Ha guardato più volte i seni di una donna. Li ha ammirati mentre li sfiorava dolcemente nella tenerezza e mentre li stringeva deciso nella passione, incerto se desse più piacere lo sguardo o il tatto, comunque felice e ansioso di farle sapere con un bacio. Ha guardato più volte la sua campagna. Si è smarrito nella promessa di ogni alba e nel languore di ogni tramonto, si è sentito in armonia con la terra gelata dell’inverno e con quella inaridita dell’estate, con quella coperta di verde della primavera e con quell

13° - 19.04.2021

Balabà guarda il mare. Lo ha guardato seduto sulla spiaggia, davanti ai capanni dell’Excelsior, col secchiello tra le gambe, distogliendo gli occhi dal castello per fissare la schiuma che raggiungeva minacciosa il suo lavoro. Lo ha guardato dal 747 che saliva verso il cielo lasciando dietro di sé Nadi e le isole sparse sull’oceano, le barriere coralline e le lagune e i giorni sereni di vacanza. Lo ha guardato dal sentiero alto sulla costa, mentre ancora la luce si faceva aurora, si spargeva lenta sugli scogli e sulle onde, li mutava sotto il suo sguardo, poco a poco, offrendoli al giorno che nasceva. Lo ha guardato reggendo il timone, sbirciando le vele, assaporando il vento fresco, ritto nel pozzetto, sentendosi grande e bravo, ma attento alle parole e all’espressione antica di chi gli insegnava cosa fare. Balabà guarda il mare, vede quell’onda, la vuole grande e potente, capace di portarlo via. Dove vorrà. Comunque a stare meglio.

12° - 08.04.2021

Balabà osserva il tramonto. Lo ha osservato a Sydney, in un dicembre ch’era estate, dalla Opera House, inseguendo i raggi passati attraverso il ponte, sparsi sulla baia, sulle case distese sulle rive, sui giardini e sull’acqua che sembrava placida lava. L’ha osservato in un marzo limpido, scendendo una montagna, la luce che percorreva solo poco della valle, ormai in parte prigioniera dietro le creste opposte a lui, ma non tanto da non tingere di rosa la neve. L’ha osservato da vicino a Castel Sant’Angelo, in un tiepido novembre che si fingeva primavera, fermo abbastanza a lungo da vedere i mattoni quasi incendiarsi, coprirsi di un rosso accecante, poi diventare bruni con l’oscurità. L’ha osservato, prima ancora che giugno fosse estate, allungarsi su una laguna di Chia, tingerne l’acqua e mutare il rosa dei fenicotteri, immobili a guardare ciò che restava del sole come lui. Balabà osserva il tramonto, sa che domani il sole sorgerà ancora e spera di provare gioia nel vederlo.

11° - 01.04.2021

Balabà si domanda se scrivere ancora. Ha scritto del vento, della sua carezza dolce, del suo soffiare rovinoso, del suo portare e portare via, del suo riempire l’aria di suoni, del suo pulire il cielo dalle nubi. Ha scritto della primavera, dell’emozione di ritrovarla, di vederla riportare i verdi delle foglie e i colori dei fiori, di sentirla riempire l’aria di profumi, di ritrovarla a svegliare animali e ad accogliere il ritorno di uccelli, di scoprirla ancora capace di ridare la vita. Ha scritto del sole che sorge e che cala, della luce che si diffonde e che svanisce, di ciò che si rianima e che si assopisce al suo andare nel cielo. Ha scritto della vita, del suo scorrere lenta, dei sentimenti in cui s’accende e in cui langue, del suo vibrare nei dolori e nelle gioie, del suo inevitabile esaurirsi inevitabilmente triste, ma serena. Balabà guarda il foglio bianco e pensa che prima o poi, forse, scriverà ancora.

10° - 30.03.2021

Balabà cammina la luce. Ha camminato quella del deserto, attraversata dalle voci di turisti, disegnata sulle pareti di montagne levigate e tonde, sulla sabbia rossa come un tramonto, sui grigi rovi rinsecchiti. Ha camminato, presto di mattina, quella nebbiosa della campagna, lasciando che ingannasse i suoi occhi, immaginando figure che danzavano, avvolte dal biancore, nell’assenza morbida di suoni. Ha camminato in inverno quella di città, grigia e torbida, lungo strade sporche in cui quasi si spegneva, in mezzo a persone avvinte all’indifferenza, gli occhi persi in uno schermo, quasi potesse illuminare vite buie. Ha camminato a mezzogiorno quella riflessa dalla neve, lucente, gelida e tagliente come lama, silenziosa tra gli alberi bianchi, privi d’ombra, diritti come dita in cerca di lei. Balabà cammina la luce, lascia che il sole illumini i suoi giorni, che porti il sereno anche con le nuvole.

9° - 20.03.2021

Balabà conosce la stanchezza. L’ha provata percorrendo in discesa una sentiero di montagna, mentre una tenue malinconia gli si diffondeva dentro, inevitabile nel lasciarsi alle spalle la vista che lo aveva inebriato. L’ha provata poco più che bambino, su campi da tennis polverosi, dove si sforzava di ripetere i gesti insegnati dai maestri, sapendo che non lo avrebbe mai fatto da campione, chiedendosi perché sentisse il desiderio di piangere. L’ha provata camminando una città prima sognata, attraversandola con innumerevoli altri, percorrendo le vie e i musei, ascoltandola e annusandola, con il corpo esausto che obbediva agli instancabili occhi. L’ha provata al termine del giorno del raccolto, nella luce del tramonto, osservando l’ultimo rimorchio di mais allontanarsi sulla capezzagna, sollevato perché nulla era andato storto e anche quell’anno il lavoro suo e di altri trovava ricompensa. Balabà conosce la stanchezza e sa che, ormai, è stanco solo della vita.

8° - 17.03.2021

Balabà percorre gli argini. Ha percorso in primavera la scarpata di quello d’un canale di campagna, immerso nei cespugli di luppolo, raccogliendo i bruscandoli per un risotto e una frittata. Ha percorso uno dei pochi rimasti in città, lungo una strada chiamata Riviera, ascoltando il rumore di piccole cascate e osservando le mura del Castello e la snella torre sormontata dalle cupole dell’osservatorio. Ha percorso quello imponente del grande fiume, nel susseguirsi delle innumerevoli golene, alcune ombreggiate da pioppeti altre interrotte da tante piccole paludi; sentiva il canto degli uccelli e ne ammirava il volo. Ha percorso quello lastricato, nel cuore di una metropoli, così diverso, non per le losanghe di pietra su cui camminava, ma per il rumore delle auto che scorrevano vicino, su un’ampia strada, e per il senso d’irrimediabile distacco dall’acqua, che vedeva, ma gli appariva troppo distante, quasi un’assenza. Ha percorso quello vicino a un cimitero, nel sole pieno dell’estate, se

7° - 09.03.2021

Balabà ascolta il silenzio. Lo ha ascoltato fermo in cima a una scogliera, lungo un sentiero quasi sospeso sull’acqua, mentre il sole di giugno si alzava lento sopra il mare, attraversando le nuvole e spargendo luce sui cespugli di rosmarino, del cui profumo l’aria era satura. Lo ha ascoltato percorrendo un bosco dopo la pioggia, posando i piedi con prudenza per non calpestare le piante di mirtillo e di fragole, guardando i piccoli steli colorati dai frutti, nelle narici l’odore di legno marcio e di funghi portato a tratti dal vento fiacco. Lo ha ascoltato attraversando la città nel cuore di una notte nel cuore di un’estate, camminando su marciapiedi rischiarati dai lampioni, godendo la bellezza di scorci finalmente vuoti, solo suoi, sui quali l’afa stendeva il puzzo sparso dai cassonetti. Lo ha ascoltato nell’avvicinarsi del tramonto, guardando campi di barbabietole ormai sgombri, seguendo con lo sguardo le file parallele dei residui lasciati dalle macchine raccoglitrici, respirando l

6° - 06.03.2021

Balabà conosce la pioggia. L’ha guardata scendere pigramente sul terreno autunnale, fresco di aratura, sulle lunghe fette distese l’una accanto all’altra, ancora compatte per il calore estivo, avide dell’umidità che, giorno dopo giorno, le scioglierà, aiutando l’opera dei contadini. L’ha guardata cadere impetuosa e fitta sulla spiaggia, facendo schizzare in aria la sabbia per qualche minuto, prima che, ormai fradicia e scura, si offrisse arrendevole alle grosse gocce e si lasciasse disegnare come un mare, immobile sotto i fulmini del temporale. L’ha guardata posarsi a lungo sui prati adagiati tra le montagne, renderne lucide le foglie e staccare i petali dai fiori, colorando di infiniti arcobaleni il fondo della valle. L’ha guardata e sentita percuotere rumorosamente i ciottoli nel centro della città, farli risplendere nei rari raggi del sole che s’aprivano una strada tra le nuvole, scorrere in minuscoli rivoli tra le pietre tonde, portando via un po’ di sudiciume, fino a perdersi nei

5° - 04.03.2021

Balabà ama il vento. Lo ha attraversato sotto un cielo grigio, percorrendo sentieri di montagna, nelle nuvole basse, tra i fiocchi di neve che si inseguivano furiosamente. Lo ha accarezzato, restituendogli la sua carezza, nel sole pallido, ancora velato dalla foschia del mattino, accanto al grano risvegliato, le cui foglie ondeggiavano dolcemente. Lo ha accolto con sollievo, nel calore appiccicoso del mezzogiorno, sulla sabbia torrida, vicino al bagnasciuga, sul quale le onde morivano stancamente. Lo ha abbracciato, come lui stringeva le foglie umide di pioggia, portandole via con garbo, lontano dagli alberi, verso la terra lucida, sulla quale scivolavano lentamente. Balabà ama sentire il vento su di sé. Sempre. Rassicurante anche quando soffia impetuoso. Prezioso come l’aria che respira.

4° - 02.03.2021

Balabà sa che si muore. Ha visto i resti di un daino sbranato dal lupo. Ha visto lo scheletro di un larice bruciato dalle piogge acide. Ha visto una colomba cadere senza battere le ali dal ramo su cui cercava sollievo. Ha visto una talpa scivolare fuori dalla terra per non muoversi più. Ha visto una trota galleggiare immobile nella corrente di un ruscello. Ha visto l’erba seccarsi lungo i torrenti e ai piedi degli alberi. Ha visto che tutto ha una fine. La morte non è l'opposto della vita, ma una sua parte integrante. Un omaggio a Murakami Haruki, l'ultima riga sono parole sue. E certo danno bellezza a quello che precede.  

3° - 01.03.2021

Balabà si domanda spesso dove nasca il ritmo della vita. L’ha sentito scorrere dentro diverso, più intenso o più pacato, solo vedendo la luce del sole cambiare o il colore del cielo mutare. L’ha sentito scorrere dentro diverso, più impetuoso, di fronte al temporale, ascoltandone i suoni e osservandone le luci. L’ha sentito scorrere dentro diverso, più placido, guardando le nubi plumbee schiarire e accogliere l’arcobaleno. L’ha sentito scorrere dentro diverso, più palpitante, ammirando l’arrossare del tramonto e lo scurire del cielo e l’accendersi della luna e delle stelle. L’ha sentito scorrere dentro diverso, più sereno, sfiorando l’acqua di un torrente o grattando la sabbia imbevuta di pioggia. L’ha sentito scorrere dentro diverso, più acceso e anche rabbioso, scoprendo sparsi, nei boschi e sulle spiagge, i segni del passaggio di quelli. L’ha sentito scorrere dentro diverso, più armonioso e più dolce, guardando il gheppio battere le ali senza muoversi e il cervo correre sicuro sfiora

2° - 28.02.2021

Balabà attende la primavera. La vedrà scendere dalle montagne nella neve mutata in acqua. La osserverà scorrere nel greto dei torrenti e coprire di schiuma i sassi e le rive, già intenerite dal verde della prima erba spuntata. La sentirà soffiare nel vento intiepidito e frusciare tra le foglie, staccando le ultime vecchie e secche rimaste e accarezzando le nuove, ancora piccole e fragili, cui non farà male. La guarderà volare con i primi uccelli a tornare, salire e scendere nel cielo terso, perdersi tra i rami dei boschi e posarsi là dove faranno il nido. Le camminerà accanto, insieme ai daini e ai camosci, più allegri e più vivaci, avidi dei germogli offerti dalla terra. Risveglierà con lei gli animali ancora addormentati, li spingerà a uscire lenti dalle tane, a muovere passi prudenti sul muschio umido. L’abbraccerà in silenzio, fremendo serenamente come tutto attorno a sé. E sarà felice, anche quest’anno.  

1° - 25.02.2021

Balabà dorme sulla pancia. Una volta, quando il sole era verde e il cielo giallo, preferiva giacere sul fianco destro e teneva la testa così da sentire il battito del cuore farsi più lento, fino a che prendeva sonno. Quando si svegliava, apriva gli occhi subito, per saziare l’avido desiderio di vedere quella sfera verde che spuntava da dietro le montagne blu e rosse, ai piedi delle quali Balabà viveva, e illuminava quelle, eguali, sull’altro lato della valle. Restava lì a rimirare le une e le altre a lungo, osservando come i raggi verdi si depositassero pigri sugli alberi e sulle rocce, che li riflettevano sempre diversi con il trascorrere del tempo. Era come se innumerevoli arcobaleni continuamente nuovi si formassero davanti ai suoi occhi. Anche adesso solleva le palpebre più in fretta che può e alza un po’ la testa, a fatica, per guardarsi attorno, ma il sole è rosso e il cielo azzurro, le montagne sono brune e gli alberi verdi e Balabà si smarrisce ancora. Senza tristezza. Gli anni