21° - 12.09.20219

Balabà guarda dalla finestra cercando di ignorare la sua immagine riflessa.
Ha guardato dalla finestra della sua stanza di ragazzo, stanco dei libri, osservando l’ampio giardino oltre la stretta via, vedendo gemme spuntare e schiudersi, fiori sbocciare e appassire, foglie ingiallire e cadere, erba risplendere bagnata e rinsecchire.
Ha guardato dalla finestra dell’ufficio di New York, più alta dei palazzi intorno, negli occhi giorno dopo giorno lo stesso stupore felice, nel corpo i fremiti delle vertigini, nella mente le domande sul suo domani, chiedendosi dove andare nel suo accingersi a essere uomo.
Ha guardato dalla finestra di un albergo, lasciando gli occhi scivolare sulle dune e sui rovi, sulle lagune e sui fenicotteri, sentendo la calda luce del tramonto scorrere dentro di lui, spingendo infine lo sguardo fino al mare.
Ha guardato dalla finestra di una casa di montagna, affacciata sul Catinaccio, ritrovando i ricordi di bambino e di ragazzo, quelle rocce tra le quali aveva camminato, scoprendo come cambiassero ad ogni passo, rimandandogli la luce sempre diversa, quasi un dono.
Balabà guarda dalla finestra e si chiede sino a quando riuscirà a ignorare se stesso riflesso, quell’immagine che gli pare sbiadire pian piano, portata via, inesorabilmente.

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