27° - 07.12.2021

Balabà ricorda i ponti che ha percorso.
Il Brooklyn Bridge attraversato arrivando a New York la prima volta, in un caldo mattino di fine agosto, guardando la città che stava finalmente per camminare e per vivere. Gli occhi fissi sui grattacieli oltre il parabrezza del taxi, si immaginava nei luoghi di tanti film.
Il ponte pedonale di Vescovana, modesto e malinconico, sul Santa Caterina quasi asciutto nella nebbia di novembre. Doc accanto a lui, il naso a cercare odori da coprire con il suo, il pelo bagnato dall’erba dell’argine sul quale avevano camminato senza fretta.
Il Golden Gate in una luminosa mattina d’inverno, il rosso sgargiante della struttura contro il verde della riva opposta a San Francisco, la curva dei cavi d’acciaio che qua e là luccicavano nel sole ormai alto sulla baia, appena increspata da vento.
Il Sydney Harbour Bridge visto oltre bassi edifici vecchi nel sud della città, non lontano dai grattacieli degli affari, prima di salire e camminare per un po’ verso l’altra riva, osservando il lento farsi mare del Parramatta e vele colorate riflesse sull’acqua nel pomeriggio.
Balabà lascia svanire i ricordi e guarda sereno davanti a sé, pronto ad attraversare il ponte oltre al quale troverà infine pace del regno dell’Ade.

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