33° - 22..06.2022

Balabà guarda la scatola piena dei tubetti di colori, li smuove per scoprire quelli nascosti nel fondo. Ne prende qualcuno tra le dita e l’acrilico gli pare uscire e scorrere dentro di lui.
Il rosso dei fanali delle auto si riflette sul nero dell’asfalto lucido della Settima Avenue sotto il diluvio. Il traffico è più che mai convulso nel venerdì sera. New York appare di nuovo pienamente viva come lui l’ama, con tutte le sue luci più sfavillanti che mai. Si scopre a sorridere grato all’uragano che la percorre nel settembre inoltrato.
Il bianco della neve caduta nella notte diventa via via più accecante nella luce del sole che sale nel cielo limpido. Le ombre degli alberi si fanno più corte mentre s’inerpica a fatica nonostante le ciaspole. A ogni passo i piedi affondano nella coltre alta e soffice, candida distesa immacolata davanti ai suoi occhi.
Il giallo degli ombrelloni lontani forma file regolari sull’ocra pallida della sabbia soffice su cui cammina lentamente, ripercorrendo i brani del romanzo letto la sera prima, in attesa del bisogno di dormire, disteso nella sua camera d’albergo. Le parole di Auster erano scivolate dentro di lui con i profumi che entravano dalla finestra aperta.
L’azzurro chiaro, quasi prepotente di un fiume, qualcosa che mai aveva visto prima di conoscere quel paese lontano, nel quale l’uomo era arrivato più tardi che in ogni altro angolo del mondo. Atttraversava campi di grano ancora verdi nel cuore della primavera, in un’ampia valle racchiusa da morbide colline gialle di ginestre in fiore.
Balabà guarda la scatola piena dei tubetti di colori, ognuno porta un ricordo, la sua memoria si risveglia solo accarezzandoli, desiderando che scorrano dentro di lui.

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