47°

Balabà guarda le nuvole disegnarsi nel cielo sopra i tetti di città e può solo lasciar andare la memoria.
Le ricorda accavallarsi nel blu sopra le Olgas e il deserto rosso, farsi un grosso uccello che scivola veloce sopra piccoli igloo accostati l’uno all’altro nel cielo, così irreali nel torrido calore estivo nel cuore dell’Australia.
Le ricorda correre come due cani nell’inverno che sovrasta la terra nuda della campagna, uno più grigio e più veloce dell’altro, quasi volesse lasciarlo dietro di sé, restare solo nel cielo, dominare nell’aria gelida e limpida del mattino.
Le ricorda lente mongolfiere passare sopra le guglie del Latemar, qua e là ancora chiazzate di neve arrossata dal tramonto primaverile, e offrire ai loro passeggeri la vista dei prati in cui inizia ad apparire qualche tocco di verde.
Le ricorda avvicinarsi come il volto di un bambino curioso alla guglia e ai tre tetti di un tempio di Kyoto, silenzioso nel suo giardino di rocce e di cipressi, nell’azzurro intenso del cielo di ottobre dopo un temporale.
Balabà guarda le nuvole disegnarsi nel cielo sopra i tetti di città e può solo lasciar andare la memoria, felice di rivedere dipinti unici, che non si possono ammirare se non alzando lo sguardo.

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